Olga Gambari, testo
Francesca Vettori, voce narrante
Per i cortili di Torino, Arte alle Corti ha portato una narrazione di narrazioni attraverso il tempo e lo spazio. Due edizioni, nel 2015 e nel 2016, che nel 2023 sono state celebrate e arricchite da una nuova, terza Edizione Speciale, promossa dal Il Comitato Arte alle Corti, con un percorso che si è sviluppato tra i 14 i palazzi più rappresentativi della città.
L’idea è stata quella di creare un dialogo tra installazioni d’arte contemporanea e luoghi, architetture, aprendo all’imprevedibilità produttiva di ciò che da questo rapporto sarebbe potuto scaturire. Per questo si è trattato di un progetto prima di tutto di libertà, una libertà concessa ai luoghi, alle opere e al pubblico.
Arte alle Corti nei cortili torinesi della sua rete ha creato dei corti circuito per infrangerne la percezione ormai consueta, resa scontata dall’abitudine e quindi ormai invisibile. Così come ha svelato luoghi nascosti e segreti della città, fuori dalle rotte consuete.
Per esempio una grande canoa che appare posata a terra nel cortile di Palazzo Scaglia di Verrua, installazioni luminose e colorate che animano i giardini di Villa della Regina, un enorme orango che si aggira per il cortile di Piazzetta Reale o una 500 rossa che si affaccia da una struttura tubolare aerea nel cortile del Politecnico.
Ognuna di queste corti ideali (non sono solo quelle deputate a essere chiamate tali ma anche le corti dell’oggi, di una città che vive e si sviluppa in dimensioni rappresentate dalle agorà dell’Accademia Albertina, dell’Università, dell’Unione Industriali e della Camera di Commercio di Torino) ha tantissime storie da raccontare, che ha raccolto nel tempo, che sono un patrimonio e una sorpresa.
Proprio nel portarle alla luce e nel condividerle, le opere si sono attivate come meccanismi rivelatori, capaci di inceppare la classica fruizione degli spazi, la loro visione estetica stereotipata, per aprire inciampi produttivi di domande, intuizioni, conoscenze. Una mappatura dal Barocco al Novecento, che sottolinea la stretta relazione storica di Torino con l’arte contemporanea.
Il progetto è sempre stato concepito come una passeggiata da vivere en plein air, spostandosi a piedi, con i propri tempi, lungo un ideale fil rouge che collega diversi punti del centro cittadino e oltre. Un modo per esplorare e impossessarsi in maniera personale di un territorio da riscoprire, attraverso una rete diffusa i cui punti sono sia singole installazioni sia mostre collettive (per esempio a Villa della Regina e nei Giardini di Palazzo Reale, ma anche nell’unica mostra indoor raccolta nelle sale di Palazzo Birago). Un progetto popolare e colto insieme, che ha voluto sensibilizzare a una presenza delle arti nella quotidianità come elemento non accessorio, ma di riflessione e crescita collettiva. La cultura come strumento di benessere, in un dialogo con lo spazio urbano che non solo sia espositivo e contemplativo ma vissuto come esperienza diretta.
Il coinvolgimento delle persone, infatti, è un tratto fondamentale della manifestazione e declina il concetto di “pubblico” in tutte le sue accezioni. Insieme, l’obbiettivo di diffondere la conoscenza del patrimonio architettonico e artistico percependolo come un bene comune. L’arte come spazio di incontro, che propone anche un dibattito sulle ricerche più contemporanee, tra contaminazioni e aperture. Arte alle Corti, infatti, è connotata da una completa multidisciplinarietà artistica di linguaggi, pratiche e tecniche, che ben si rispecchia nella produzione sostenuta per questa edizione speciale con il reading e book d’autore “I luoghi veri non lo sono mai”, tra poesia, voce, musica e disegno, andato in scena in occasione dell’inaugurazione a Palazzo Birago e poi al Teatro Café Müller.
Un progetto di natura soprattutto empatica e sensoriale, di grande effetto scenografico e dialogante con i visitatori, che è stato il risultato di una lunga e complessa macchina organizzativa, in ogni suo aspetto, a partire dal confronto con le istituzioni e l’allestimento site specific di opere che assumevano una natura pubblica e monumentale nella loro presentazione urbana.
Il corpo del catalogo, inoltre, che vuol essere un libro soprattutto, e non una documentazione didascalica e tradizionale dell’evento, cerca di rispettare la natura visiva e percettiva delle singole installazioni nelle corti e nei cortili, così come il loro effetto di meraviglia. Un diario per immagini che rilegge tutta la storia di Arte alle Corti a partire dalla prima edizione nel 2015, la memoria di un coinvolgimento corale che ha visto partecipare oltre un centinaio di artiste e artisti italiani e internazionali, e poi istituzioni, gallerie, collezionisti, curatori, uffici stampa, allestitori, tecnici e una galassia di partners. Un diario arricchito anche dalle parole delle artiste e degli artisti protagonisti, a cui è stata chiesto di identificare una parola simbolica che ne rappresenti il proprio lavoro, insieme un breve testo, a loro scelta, che ne incarni il senso, una possibile lettura.
Il libro (catalogo) dichiara anche un’ideazione libera nella sua composizione fisica, una collaborazione ulteriore tra lo studio grafico di Leandro Agostini, che ha seguito tutto il concept grafico dell’edizione, e Arti Grafiche Parini: le pagine interne sono stampate sulle carte di giacenza nel magazzino della tipografia come risulta da lavori stampati precedentemente. Tipi di carta diverse, dall’uso mano alle patinate, compongono quindi la fogliazione in modo libero e irregolare, con ogni catalogo che risulta diverso dall’altro, un corpo speciale e unico per ciascuno. Un oggetto di design.